Popolare ma post-ideologico

Matteo Renzi ha scritto sabato sull’Unità che il PD deve essere un partito popolare di massa. E’ chiaro che, con la doppia qualificazione “popolare” e “di massa”, non pensa ai modelli novecenteschi di DC e PCI, tant’è che appena dopo spiega che il PD appartiene all’era post-ideologica e dei social network. Un partito diffuso grazie alla rete ma senza strutture nè apparati, né di destra né di sinistra, che sembra somigliare al modello del Movimento 5 Stelle, e contraddistinto dall’esigenza di un rinnovamento così radicale della politica da meritare il nome brutale di “rottamazione”. Che si abbina perfettamente al concetto grillino di “casta”. Non sarà facile trovare le differenze tra il partito “popolare” e il movimento della “gente”.
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Vi chiedete che differenza c’è?
Tantissime, ma più di tutto le facce delle persone, che nel Movimento 5 Stelle sono nuove e al massimo un po’ ingenue, nel PD sono quelle di vecchi politici democristiani o comunisti, reduci da tutti i governi degli ultimi 20 anni, di destra e di sinistra, o inventati sul momento da Renzi nel gruppo delle sue groupies.
Questo la tanto disprezzata gente lo vede proprio bene, e si arrabbia sempre di più.
E poi, la diffusione nella rete, non contateci troppo, prima che i pachidermi cattocomunisti imparino ad usarla si troveranno a fare una comoda opposizione, chiedendosi dove avrà mai sbagliato il prode Matteo.
Perchè fra l’originale e l’imitazione è sempre meglio l’originale.
Embè, che pretendete dal segretario twittatore? Da un democristiano che non è cristiano, da uno che ha scalato l’ex PCI essendo anticomunista? Ovviamente, il massimo consentito di partecipazione di massa alla vita del partito è la partecipazione a primarie farlocche. E il voto alle elezioni? Quello finora non è contemplato.